Pausa di fine anno. Molti di noi utilizzano questi giorni anche per pianificare l'attività dell'anno entrante (tanti lo fanno anche durante la pausa estiva).
Ci si trova spesso a mettere giù obiettivi più o meno ragionati, metodi, propositi e strategie. Quasi sempre manca però la revisione dell'elemento più significativo, o comunque, quello che ho compreso negli anni che dovrebbe essere quello più significativo:
La Mission aziendale.
Le domande da farsi sono molteplici ma quelle fondamentali sono 4:
1) Posseggo una Mission?
2) La Mission è sempre allineata ai miei valori e alle mie leve motivazionali?
3) Le attività che svolgo quotidianamente rispondo in modo adeguato alla Mission?
4) Quello che faccio serve a realizzare la Mission?
Queste sono le domande fondamentali. Penso però vi serva prima la risposta alla domanda "perché mai dovrei avere una Mission?".
La Mission è proprio quello che dice di essere: la missione dell'azienda nella società, nel mondo.
Perché la mia azienda dovrebbe esistere? Che contributo porta alla società? Qual'è il suo ruolo nel mondo?
Vediamola per un istante al rovescio: in assenza di una Mission ogni azienda ne acquisisce una di default: stare in piedi, farmi vivere, pagare salari, tasse e contributi. Anche questa è una Mission, certamente, ma porta a realizzare esattamente quello che si prefigge: sopravvivere.
Tante aziende non riescono a fare il salto di qualità, non riescono ad uscire dalla quotidianità e poi, andando a vedere nel dettaglio ci si accorge che in realtà non hanno una Mission. Le aziende sono organi in un corpo complesso (la società civile): ogni organo svolge un ruolo nell'organismo e se non ha un ruolo viene espulso come un corpo estraneo. Questo è quello che fa la società rispetto alle attività commerciali che non hanno una Mission o che hanno esaurito la propria Mission.
Personalmente ho sempre dedicato molta attenzione alla Mission delle mie aziende. Quando ho iniziato oltre vent'anni fa la mia attività informatica avevo una Mission chiara: modernizzare le aziende portandole nell'era digitale. E ci sono riuscito bene e con soddisfazione. Il mondo si è poi evoluto e la Mission che avevo originariamente pensato si è esaurita in quanto la maggior parte delle aziende aveva oramai compiuto il salto tecnologico e l'era digitale era oramai una realtà diffusa. Da quel momento la mia attività non aveva, per me, più altro significato che non il sostentamento e ho quindi ritenuto che fosse il momento di cederla. E così ho fatto. Oggi ho una nuova Mission: modernizzare il mondo del lavoro non più tramite la tecnologia ma portando una nuova cultura: quella del marketing referenziale, un nuovo modo di fare business.
Qualche anno dovrà passare prima che anche questa Mission si esaurisca!
La Mission risponde alla fondamentale domanda "qual'è il mio ruolo nel mondo". Prendiamo Google: "Catalogare il sapere umano e renderlo accessibile a tutti". Tutto il resto è conseguenza della Mission: ogni azione, ogni ricerca, ogni prodotto, ogni servizio sono funzionali alla Mission. Pensateci un po' sopra e ve ne renderete conto. E, sorpresa! Anche il reddito è conseguenza di un allineamento alla Mission che in una visione "riformata" (in senso protestante) è anche la misura dell'importanza della Mission nella società civile.
Mi auguro, con queste poche parole di avervi almeno in parte fatto riflettere. Se così è stato allora avrò fatto un passo avanti nella mia di Mission!
Buona Mission a tutti!
lunedì 29 dicembre 2014
sabato 27 dicembre 2014
Sfera, sfera dei miei contatti...
La sfera dei contatti è uno dei concetti più semplici e mal compresi che ho avuto modo di affrontare nelle tematiche relative al networking.
Quando affronto con un gruppo l'argomento della sfera dei contatti noto che spesso il concetto viene frainteso. La prima cosa alla quale si pensa è alle persone che si conoscono, in modo indistinto, tutte quelle persone che frequento e che conosco. Affrontato in questo modo il concetto stesso di sfera dei contatti risulta poco utile se non tautologico: con chi devo stringere relazioni? Con le persone con le quali ho relazione. Grazie...
Per capire meglio il concetto di sfera dei contatti mi piace, come sempre, partire dalle basi.
Imprenditori e professionisti fanno network per ottenere dei benefici. Non possono ottenere benefici se a loro volta non offrono benefici alle persone che frequentano. L'oggetto del networking è stabilire relazioni salde, durature e profonde con le persone che si conoscono e nuove persone che ancora non si conoscono. Le relazioni devono essere basate sulla reciprocità: io do a te e tu dai a me. (Non importa cosa: consigli, informazioni, clienti, aiuto, appoggio, referenze, segnalazioni, contatti).
Considerando il fatto che non è possibile sostenere relazioni forti con moltissime persone bisogna allora concentrarsi su quelle giuste. Quali sono? Concentriamoci sulla sfera professionale. Le persone giuste sono di due tipi:
1) Quelle che possono aiutare me in quanto frequentano il mio stesso target di riferimento e che non sono però in diretta concorrenza con me.
2) Quelle che posso aiutare facilmente in quanto frequentiamo noi il loro stesso target di riferimento.
Meglio se di ciascuno di queste categorie ho una sola persona per settore professionale o eventuale specializzazione.
Come faccio ad individuarle? Si parte con un analisi dei registri di clienti e fornitori: da chi ricevo lavoro e a chi do lavoro. Poi si può procedere ad analizzare chi nella vita mi ha aiutato e chi ha potuto beneficiare del mio aiuto.
Si continua poi chiedendosi come mai certe persone mi hanno aiutato, in che condizioni erano, chi conoscevano, che motivazioni avevano, come le ho conosciute. Stessa cosa per le persone che abbiamo aiutato noi stessi: perché? cosa abbiamo fatto per loro? che caratteristiche avevano?
L'elenco delle persone che corrisponde a queste due tipologie (chi aiuta me e chi posso aiutare) corrisponde alla sfera dei contatti. Spesso se si fa un analisi del flusso del denaro si vedrà una certa corrispondenza tra questo flusso e la sfera dei contatti (non a caso gli anglosassoni dicono "follow your money").
Conviene ordinare questi due elenchi in ordine di importanza e profondità della relazione ed iniziare a lavorare per rendere queste relazioni più profonde e stabili.
Se faccio parte di un gruppo di imprenditori che scambiano referenze ed opportunità dovrò come primissima cosa assicurarmi che il più grande numero di queste persone aderiscano al mio gruppo o comunque che lo frequentino.
Questo è il senso della sfera dei contatti. Si comprenderà certamente che non tutte le persone che si conoscono fanno o possono far parte della propria sfera dei contatti.
In futuro vedremo come alimentare la sfera dei contatti e come renderla robusta.
Quando affronto con un gruppo l'argomento della sfera dei contatti noto che spesso il concetto viene frainteso. La prima cosa alla quale si pensa è alle persone che si conoscono, in modo indistinto, tutte quelle persone che frequento e che conosco. Affrontato in questo modo il concetto stesso di sfera dei contatti risulta poco utile se non tautologico: con chi devo stringere relazioni? Con le persone con le quali ho relazione. Grazie...
Per capire meglio il concetto di sfera dei contatti mi piace, come sempre, partire dalle basi.
Imprenditori e professionisti fanno network per ottenere dei benefici. Non possono ottenere benefici se a loro volta non offrono benefici alle persone che frequentano. L'oggetto del networking è stabilire relazioni salde, durature e profonde con le persone che si conoscono e nuove persone che ancora non si conoscono. Le relazioni devono essere basate sulla reciprocità: io do a te e tu dai a me. (Non importa cosa: consigli, informazioni, clienti, aiuto, appoggio, referenze, segnalazioni, contatti).
Considerando il fatto che non è possibile sostenere relazioni forti con moltissime persone bisogna allora concentrarsi su quelle giuste. Quali sono? Concentriamoci sulla sfera professionale. Le persone giuste sono di due tipi:
1) Quelle che possono aiutare me in quanto frequentano il mio stesso target di riferimento e che non sono però in diretta concorrenza con me.
2) Quelle che posso aiutare facilmente in quanto frequentiamo noi il loro stesso target di riferimento.
Meglio se di ciascuno di queste categorie ho una sola persona per settore professionale o eventuale specializzazione.
Come faccio ad individuarle? Si parte con un analisi dei registri di clienti e fornitori: da chi ricevo lavoro e a chi do lavoro. Poi si può procedere ad analizzare chi nella vita mi ha aiutato e chi ha potuto beneficiare del mio aiuto.
Si continua poi chiedendosi come mai certe persone mi hanno aiutato, in che condizioni erano, chi conoscevano, che motivazioni avevano, come le ho conosciute. Stessa cosa per le persone che abbiamo aiutato noi stessi: perché? cosa abbiamo fatto per loro? che caratteristiche avevano?
L'elenco delle persone che corrisponde a queste due tipologie (chi aiuta me e chi posso aiutare) corrisponde alla sfera dei contatti. Spesso se si fa un analisi del flusso del denaro si vedrà una certa corrispondenza tra questo flusso e la sfera dei contatti (non a caso gli anglosassoni dicono "follow your money").
Conviene ordinare questi due elenchi in ordine di importanza e profondità della relazione ed iniziare a lavorare per rendere queste relazioni più profonde e stabili.
Se faccio parte di un gruppo di imprenditori che scambiano referenze ed opportunità dovrò come primissima cosa assicurarmi che il più grande numero di queste persone aderiscano al mio gruppo o comunque che lo frequentino.
Questo è il senso della sfera dei contatti. Si comprenderà certamente che non tutte le persone che si conoscono fanno o possono far parte della propria sfera dei contatti.
In futuro vedremo come alimentare la sfera dei contatti e come renderla robusta.
venerdì 26 dicembre 2014
Hai una Strategia di networking?
Web e librerie sono stipati di testi relativi alle tecniche di networking che, anche grazie ai social networks, è riconosciuto oggi come uno dei più importanti strumenti di lavoro e di creazione di opportunità. Quello però che troppo spesso non si dice è che eventuali tecniche di networking servono a poco se manca una strategia di networking.
Le tecniche di networking danno risposta alla domanda "Come si fa a fare networking?"
Le strategie di networking rispondono invece alla domanda "Perché dovrei fare networking?"
Come sempre, i principi che cerchiamo di divulgare sono generici e applicabili trasversalmente a vari campi d'interesse anche se noi li applicheremo al networking. Molto spesso si è concentrati sul "come" senza più chiederci il perchè!
Gli anglosassoni riconducono queste due questioni a due termini auto esplicativi: skill set e mind set.
Gli skill set sono l'insieme delle competenze tecniche necessarie ad eseguire qualcosa (insieme delle abilità).
Il mind set è invece l'impostazione mentale, culturale ed attitudinale.
Allora, se gli skill set ci aiutano nel capire come "lavorarci una stanza (di imprenditori)", il mind set ci aiuta a capire perché dovremmo "lavorarci una stanza".
A parer nostro la strategia è ancora più importante dell'abilità tecnica perché risponde a domande più profonde connesse all'attività che si svolge e quindi al senso delle cose.
Pensare di poter aver successo nel networking avendo ottime abilità e non possedendo una strategia è un grande errore: sarebbe come pensare di poter giocare bene a scacchi conoscendo solamente le regole!
Quindi cosa suggeriamo di fare? Prima di entrare in una stanza con altri imprenditori e professionisti è opportuno chiarirsi l'obiettivo: cosa voglio? Un contatto, un informazione, conoscere una determinata persona, essere invitato ad un evento... Chiarito l'obiettivo l'azione da svolgere diventa efficace perché non mi perderò in discorsi di circostanza, anzi, porterò avanti un'azione focalizzata, sicura e precisa. Tenendo conto della bassa propensione di tutti noi a recepire lunghi discorsi e richieste vaghe, chiarirsi l'obiettivo aiuta a essere concisi e chiari.
Spesso definire l'obiettivo risulta essere più complesso del previsto perchè non si è abituati a ragionare in termini strategici e ci si presenta agli eventi con obiettivi generici comw "acquisire clienti" che, proprio per la loro genericità non sono affatto obiettivi in quanto non hanno nessuna delle caratteristiche di un obiettivo ben strutturato. Vedremo allora come definire un obiettivo e, prima ancora, l'approccio strategico che può maggiormente aiutare nel networking: definire la propria sfera di contatti.
Le tecniche di networking danno risposta alla domanda "Come si fa a fare networking?"
Le strategie di networking rispondono invece alla domanda "Perché dovrei fare networking?"
Come sempre, i principi che cerchiamo di divulgare sono generici e applicabili trasversalmente a vari campi d'interesse anche se noi li applicheremo al networking. Molto spesso si è concentrati sul "come" senza più chiederci il perchè!
Gli anglosassoni riconducono queste due questioni a due termini auto esplicativi: skill set e mind set.
Gli skill set sono l'insieme delle competenze tecniche necessarie ad eseguire qualcosa (insieme delle abilità).
Il mind set è invece l'impostazione mentale, culturale ed attitudinale.
Allora, se gli skill set ci aiutano nel capire come "lavorarci una stanza (di imprenditori)", il mind set ci aiuta a capire perché dovremmo "lavorarci una stanza".
A parer nostro la strategia è ancora più importante dell'abilità tecnica perché risponde a domande più profonde connesse all'attività che si svolge e quindi al senso delle cose.
Pensare di poter aver successo nel networking avendo ottime abilità e non possedendo una strategia è un grande errore: sarebbe come pensare di poter giocare bene a scacchi conoscendo solamente le regole!
Quindi cosa suggeriamo di fare? Prima di entrare in una stanza con altri imprenditori e professionisti è opportuno chiarirsi l'obiettivo: cosa voglio? Un contatto, un informazione, conoscere una determinata persona, essere invitato ad un evento... Chiarito l'obiettivo l'azione da svolgere diventa efficace perché non mi perderò in discorsi di circostanza, anzi, porterò avanti un'azione focalizzata, sicura e precisa. Tenendo conto della bassa propensione di tutti noi a recepire lunghi discorsi e richieste vaghe, chiarirsi l'obiettivo aiuta a essere concisi e chiari.
Spesso definire l'obiettivo risulta essere più complesso del previsto perchè non si è abituati a ragionare in termini strategici e ci si presenta agli eventi con obiettivi generici comw "acquisire clienti" che, proprio per la loro genericità non sono affatto obiettivi in quanto non hanno nessuna delle caratteristiche di un obiettivo ben strutturato. Vedremo allora come definire un obiettivo e, prima ancora, l'approccio strategico che può maggiormente aiutare nel networking: definire la propria sfera di contatti.
giovedì 25 dicembre 2014
Collaborare Vs. Manipolare
Oggi vorrei condividere con Voi qualche riflessione in merito al concetto di collaborazione.
In un mondo completamente orientato alla competizione risulta sempre più difficile collaborare.
La collaborazione risulta sempre difficile finché non si è acquisito l'atteggiamento mentale corretto.
Vengo da mercati particolarmente competitivi nei quali, spesso, il concetto di collaborazione viene stravolto attribuendogli dei significati che nulla hanno a che vedere con la collaborazione:
1) Rapporti subordinati trasformati in "collaborazioni" per sfuggire ai vincoli fiscali.
2) "Partnerships" che significano più o meno questo: tu lavori ed investi e, siccome sei mio "partner" non ti pago.
3) Forzature contrattuali nelle quali ci si divide gli utili ma non il rischio.
4) Confusione tra sub-fornitura e collaborazione
5) Condivisione di futuribili utili senza condividere Vision e Mission
6) Collaborazioni orientate alla condivisione di debolezze anziché dei punti di forza
Tutte queste forme "collaborative" di collaborazione non hanno proprio nulla!
Queste sono forme manipolative, non collaborative, in cui si cerca di strappare all'altra parte condizioni di favore, di assoggettamento o comunque solamente il proprio tornaconto.
Non entro nelle questioni morali ed etiche che, in questo contesto, non ci interessano.
Resta il fatto che queste manipolazioni sono sempre destinate al fallimento: a volte si fa male una sola delle parti a volte falliscono entrambe.
L'ho visto nelle piccole aziende e nei grandi gruppi (pensate all'accordo FIAT-GM in cui GM ci ha rimesso i calzini e ha dato a FIAT forza e liquidità per poi comprarsi Chrysler).
Collaborare è qualcosa di molto diverso e parte come al solito dalla genuina domanda: "cosa posso fare per te?" Per aiutarti a raggiungere i TUOI obiettivi (non i miei). Se poi quello che posso fare coincide anche solo parzialmente con i MIEI obiettivi allora ci troviamo di fronte materiale per poter stabilire un collaborazione veritiera.
Le vere collaborazioni si riconoscono per i seguenti punti:
1) Reciproca soddisfazione dei partners
2) Crescita di tutte le parti coinvolte
3) Raggiungimento di obiettivi irraggiungibili per le singole parti
4) Valorizzazione dei singoli punti di forza
5) Rispetto reciproco e potenziamento reciproco
6) Condivisione di Vision e di Mission
7) Condivisione di un sistema valoriale
Per ultimo, eventualmente arriva la soddisfazione economica che è conseguenza del rispetto degli altri principi e che non può essere in nessun caso la premessa!
Vale nel lavoro, vale nella coppia e vale nei rapporti interpersonali.
Confondere collaborazione con manipolazione è la fonte della stragrande maggioranza dei litigi e dei fallimenti. E spesso le cause non vengono capite perché a monte non c'è comprensione dei principi collaborativi.
Qualunque gruppo di imprenditori che intende collaborare dovrebbe veramente capire se il rapporto che sta impostando ha le caratteristiche di un rapporto collaborativo e di una manipolazione.
In un mondo completamente orientato alla competizione risulta sempre più difficile collaborare.
La collaborazione risulta sempre difficile finché non si è acquisito l'atteggiamento mentale corretto.
Vengo da mercati particolarmente competitivi nei quali, spesso, il concetto di collaborazione viene stravolto attribuendogli dei significati che nulla hanno a che vedere con la collaborazione:
1) Rapporti subordinati trasformati in "collaborazioni" per sfuggire ai vincoli fiscali.
2) "Partnerships" che significano più o meno questo: tu lavori ed investi e, siccome sei mio "partner" non ti pago.
3) Forzature contrattuali nelle quali ci si divide gli utili ma non il rischio.
4) Confusione tra sub-fornitura e collaborazione
5) Condivisione di futuribili utili senza condividere Vision e Mission
6) Collaborazioni orientate alla condivisione di debolezze anziché dei punti di forza
Tutte queste forme "collaborative" di collaborazione non hanno proprio nulla!
Queste sono forme manipolative, non collaborative, in cui si cerca di strappare all'altra parte condizioni di favore, di assoggettamento o comunque solamente il proprio tornaconto.
Non entro nelle questioni morali ed etiche che, in questo contesto, non ci interessano.
Resta il fatto che queste manipolazioni sono sempre destinate al fallimento: a volte si fa male una sola delle parti a volte falliscono entrambe.
L'ho visto nelle piccole aziende e nei grandi gruppi (pensate all'accordo FIAT-GM in cui GM ci ha rimesso i calzini e ha dato a FIAT forza e liquidità per poi comprarsi Chrysler).
Collaborare è qualcosa di molto diverso e parte come al solito dalla genuina domanda: "cosa posso fare per te?" Per aiutarti a raggiungere i TUOI obiettivi (non i miei). Se poi quello che posso fare coincide anche solo parzialmente con i MIEI obiettivi allora ci troviamo di fronte materiale per poter stabilire un collaborazione veritiera.
Le vere collaborazioni si riconoscono per i seguenti punti:
1) Reciproca soddisfazione dei partners
2) Crescita di tutte le parti coinvolte
3) Raggiungimento di obiettivi irraggiungibili per le singole parti
4) Valorizzazione dei singoli punti di forza
5) Rispetto reciproco e potenziamento reciproco
6) Condivisione di Vision e di Mission
7) Condivisione di un sistema valoriale
Per ultimo, eventualmente arriva la soddisfazione economica che è conseguenza del rispetto degli altri principi e che non può essere in nessun caso la premessa!
Vale nel lavoro, vale nella coppia e vale nei rapporti interpersonali.
Confondere collaborazione con manipolazione è la fonte della stragrande maggioranza dei litigi e dei fallimenti. E spesso le cause non vengono capite perché a monte non c'è comprensione dei principi collaborativi.
Qualunque gruppo di imprenditori che intende collaborare dovrebbe veramente capire se il rapporto che sta impostando ha le caratteristiche di un rapporto collaborativo e di una manipolazione.
sabato 20 dicembre 2014
Ti piace fare networking? A me no!
Ti piace fare networking?
A me no!
Sale piene di persone sconosciute, incontri che spesso non portano a nulla, inutili scambi di bigliettini da visita. Senza considerare le timidezze da vincere e le resistenze che queste situazione spesso creano. E poi gli squali! Gli squali sono quegli individui che non ascoltano una parola di quello che gli dici e che sono lì semplicemente per vendervi qualcosa. Io li riconosco dalla pinna che mi gira intorno.
Chi mi conosce rimarrà stupefatto perché mi vede quotidianamente a fare networking. Ho fatto cioè del networking la mia carriera e la mia specialità. Ho iniziato con il forzarmi a fare networking per alimentare la mia attività imprenditoriale. Ho faticato. Ci sono riuscito, tanto che dopo 7 anni circa mi sono così immedesimato nella parte che ho deciso di fare del networking una carriera.
Ci sono voluti anni per delineare una strategia efficace e questo breve articolo ha la presunzione di risparmiarvi tante fatiche.
Allora, siamo sinceri...a chi piace veramente e naturalmente fare networking? A pochissime persone. Forse agli estroversi sfacciati per natura.
Vi stupirò però dicendovi che a meno che non viviate nel mezzo del deserto (e ancora...) tutti noi facciamo networking per forza. I colleghi di lavoro, gli amici, gli ex compagni di scuola e dell'università, i genitori dei nostri figli, i compagni di hobby. Sono tutti network. Per definizione del termine: una rete di contatti nella quale si lavora (in senso lato, cioè si fa qualcosa, NET- WORK).
Quindi la vera domanda, a pensarci meglio, è chi piace fare network con gli sconosciuti?
La vera difficoltà nasce dal fatto che quando ci troviamo con degli sconosciuti non ci sa muovere con destrezza perché siamo a disagio, nel nuovo, quello che in Programmazione Neuro Linguistica si definisce essere al di fuori della propria zona di confort.
E sapete perché?
Perché l'aspettativa è sbagliata. Pensiamo di essere lì per chiedere qualcosa a qualcuno, per trovare del lavoro o delle opportunità. Ma perché uno sconosciuto dovrebbe offrirci lavoro o opportunità? In effetti non ne ha motivo e a meno che non stia cercando proprio voi non lo farà! Ci stiamo atteggiando da squali in cerca del pesciolino da sbranare.
Gli americani dicono "networking is not about you": l'oggetto del networking non sei tu. E' l'altro.
Lo scopo di fare network dovrebbe essere semplicemente quello di stabilire relazioni e di mettere in relazione le persone che si conoscono. L'oggetto del networking sono gli altri.
Allora tutto diventa più facile perchè si tratta semplicemente di fare domande: come posso aiutarti? chi sei? cosa fai? di cosa hai bisogno? cosa stai cercando? che problemi hai? quali sono i tuoi obiettivi? Ed ascoltare. Ascoltare con attenzione, prendersi appunti e cercare genuinamente di aiutare l'altro.
Questo vi aiuterà a creare una relazione, non un contatto occasionale. Contatti occasionali ne abbiamo centinaia. E non servono a nulla. I contatti occasionali sono quel "rumore di fondo" che proviene dai social network come Facebook o LinkedIn. Per fare network seriamente abbiamo bisogno di stabilire relazioni. E per stabilire relazioni dobbiamo ascoltare gli altri intorno a noi, capire di cosa hanno bisogno e cercare di aiutarli in qualche modo, magari mettendoli in contatto con la persona che può aiutarli, facendo cioè networking!
Quindi al prossimo evento di networking al quale sarete invitati, provate a cambiare strategia. Avvicinatevi a qualcuno, fategli delle domande, cercate di capire chi è e di cosa ha bisogno, magari appuntatevi gli elementi chiave sul biglietto da visita o dove volete voi. Cercate di aiutarlo.
Nelle ore successive poi ricontattatelo, cercate di dargli un consiglio o di verificare se il consiglio che gli avete già dato ha prodotto frutti. Avrete una persona riconoscente in più. Una nuova relazione. Non immaginate quanto rimarrà stupita la persona quando capirà che non siete il solito squalo, che non siete lì per vendergli qualcosa ma che siete una persona di successo che si mette a sua disposizione.
Poi la relazione sarà da coltivare e da curare, ma questa è un altra storia!
P.S.: Se farete così scoprirete che gli altri vi cercheranno naturalmente e che poi, forse, il networking non è poi così tanto male. Magari finirà per piacervi...
A me no!
Sale piene di persone sconosciute, incontri che spesso non portano a nulla, inutili scambi di bigliettini da visita. Senza considerare le timidezze da vincere e le resistenze che queste situazione spesso creano. E poi gli squali! Gli squali sono quegli individui che non ascoltano una parola di quello che gli dici e che sono lì semplicemente per vendervi qualcosa. Io li riconosco dalla pinna che mi gira intorno.
Chi mi conosce rimarrà stupefatto perché mi vede quotidianamente a fare networking. Ho fatto cioè del networking la mia carriera e la mia specialità. Ho iniziato con il forzarmi a fare networking per alimentare la mia attività imprenditoriale. Ho faticato. Ci sono riuscito, tanto che dopo 7 anni circa mi sono così immedesimato nella parte che ho deciso di fare del networking una carriera.
Ci sono voluti anni per delineare una strategia efficace e questo breve articolo ha la presunzione di risparmiarvi tante fatiche.
Allora, siamo sinceri...a chi piace veramente e naturalmente fare networking? A pochissime persone. Forse agli estroversi sfacciati per natura.
Vi stupirò però dicendovi che a meno che non viviate nel mezzo del deserto (e ancora...) tutti noi facciamo networking per forza. I colleghi di lavoro, gli amici, gli ex compagni di scuola e dell'università, i genitori dei nostri figli, i compagni di hobby. Sono tutti network. Per definizione del termine: una rete di contatti nella quale si lavora (in senso lato, cioè si fa qualcosa, NET- WORK).
Quindi la vera domanda, a pensarci meglio, è chi piace fare network con gli sconosciuti?
La vera difficoltà nasce dal fatto che quando ci troviamo con degli sconosciuti non ci sa muovere con destrezza perché siamo a disagio, nel nuovo, quello che in Programmazione Neuro Linguistica si definisce essere al di fuori della propria zona di confort.
E sapete perché?
Perché l'aspettativa è sbagliata. Pensiamo di essere lì per chiedere qualcosa a qualcuno, per trovare del lavoro o delle opportunità. Ma perché uno sconosciuto dovrebbe offrirci lavoro o opportunità? In effetti non ne ha motivo e a meno che non stia cercando proprio voi non lo farà! Ci stiamo atteggiando da squali in cerca del pesciolino da sbranare.
Gli americani dicono "networking is not about you": l'oggetto del networking non sei tu. E' l'altro.
Lo scopo di fare network dovrebbe essere semplicemente quello di stabilire relazioni e di mettere in relazione le persone che si conoscono. L'oggetto del networking sono gli altri.
Allora tutto diventa più facile perchè si tratta semplicemente di fare domande: come posso aiutarti? chi sei? cosa fai? di cosa hai bisogno? cosa stai cercando? che problemi hai? quali sono i tuoi obiettivi? Ed ascoltare. Ascoltare con attenzione, prendersi appunti e cercare genuinamente di aiutare l'altro.
Questo vi aiuterà a creare una relazione, non un contatto occasionale. Contatti occasionali ne abbiamo centinaia. E non servono a nulla. I contatti occasionali sono quel "rumore di fondo" che proviene dai social network come Facebook o LinkedIn. Per fare network seriamente abbiamo bisogno di stabilire relazioni. E per stabilire relazioni dobbiamo ascoltare gli altri intorno a noi, capire di cosa hanno bisogno e cercare di aiutarli in qualche modo, magari mettendoli in contatto con la persona che può aiutarli, facendo cioè networking!
Quindi al prossimo evento di networking al quale sarete invitati, provate a cambiare strategia. Avvicinatevi a qualcuno, fategli delle domande, cercate di capire chi è e di cosa ha bisogno, magari appuntatevi gli elementi chiave sul biglietto da visita o dove volete voi. Cercate di aiutarlo.
Nelle ore successive poi ricontattatelo, cercate di dargli un consiglio o di verificare se il consiglio che gli avete già dato ha prodotto frutti. Avrete una persona riconoscente in più. Una nuova relazione. Non immaginate quanto rimarrà stupita la persona quando capirà che non siete il solito squalo, che non siete lì per vendergli qualcosa ma che siete una persona di successo che si mette a sua disposizione.
Poi la relazione sarà da coltivare e da curare, ma questa è un altra storia!
P.S.: Se farete così scoprirete che gli altri vi cercheranno naturalmente e che poi, forse, il networking non è poi così tanto male. Magari finirà per piacervi...
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