Pausa di fine anno. Molti di noi utilizzano questi giorni anche per pianificare l'attività dell'anno entrante (tanti lo fanno anche durante la pausa estiva).
Ci si trova spesso a mettere giù obiettivi più o meno ragionati, metodi, propositi e strategie. Quasi sempre manca però la revisione dell'elemento più significativo, o comunque, quello che ho compreso negli anni che dovrebbe essere quello più significativo:
La Mission aziendale.
Le domande da farsi sono molteplici ma quelle fondamentali sono 4:
1) Posseggo una Mission?
2) La Mission è sempre allineata ai miei valori e alle mie leve motivazionali?
3) Le attività che svolgo quotidianamente rispondo in modo adeguato alla Mission?
4) Quello che faccio serve a realizzare la Mission?
Queste sono le domande fondamentali. Penso però vi serva prima la risposta alla domanda "perché mai dovrei avere una Mission?".
La Mission è proprio quello che dice di essere: la missione dell'azienda nella società, nel mondo.
Perché la mia azienda dovrebbe esistere? Che contributo porta alla società? Qual'è il suo ruolo nel mondo?
Vediamola per un istante al rovescio: in assenza di una Mission ogni azienda ne acquisisce una di default: stare in piedi, farmi vivere, pagare salari, tasse e contributi. Anche questa è una Mission, certamente, ma porta a realizzare esattamente quello che si prefigge: sopravvivere.
Tante aziende non riescono a fare il salto di qualità, non riescono ad uscire dalla quotidianità e poi, andando a vedere nel dettaglio ci si accorge che in realtà non hanno una Mission. Le aziende sono organi in un corpo complesso (la società civile): ogni organo svolge un ruolo nell'organismo e se non ha un ruolo viene espulso come un corpo estraneo. Questo è quello che fa la società rispetto alle attività commerciali che non hanno una Mission o che hanno esaurito la propria Mission.
Personalmente ho sempre dedicato molta attenzione alla Mission delle mie aziende. Quando ho iniziato oltre vent'anni fa la mia attività informatica avevo una Mission chiara: modernizzare le aziende portandole nell'era digitale. E ci sono riuscito bene e con soddisfazione. Il mondo si è poi evoluto e la Mission che avevo originariamente pensato si è esaurita in quanto la maggior parte delle aziende aveva oramai compiuto il salto tecnologico e l'era digitale era oramai una realtà diffusa. Da quel momento la mia attività non aveva, per me, più altro significato che non il sostentamento e ho quindi ritenuto che fosse il momento di cederla. E così ho fatto. Oggi ho una nuova Mission: modernizzare il mondo del lavoro non più tramite la tecnologia ma portando una nuova cultura: quella del marketing referenziale, un nuovo modo di fare business.
Qualche anno dovrà passare prima che anche questa Mission si esaurisca!
La Mission risponde alla fondamentale domanda "qual'è il mio ruolo nel mondo". Prendiamo Google: "Catalogare il sapere umano e renderlo accessibile a tutti". Tutto il resto è conseguenza della Mission: ogni azione, ogni ricerca, ogni prodotto, ogni servizio sono funzionali alla Mission. Pensateci un po' sopra e ve ne renderete conto. E, sorpresa! Anche il reddito è conseguenza di un allineamento alla Mission che in una visione "riformata" (in senso protestante) è anche la misura dell'importanza della Mission nella società civile.
Mi auguro, con queste poche parole di avervi almeno in parte fatto riflettere. Se così è stato allora avrò fatto un passo avanti nella mia di Mission!
Buona Mission a tutti!
lunedì 29 dicembre 2014
sabato 27 dicembre 2014
Sfera, sfera dei miei contatti...
La sfera dei contatti è uno dei concetti più semplici e mal compresi che ho avuto modo di affrontare nelle tematiche relative al networking.
Quando affronto con un gruppo l'argomento della sfera dei contatti noto che spesso il concetto viene frainteso. La prima cosa alla quale si pensa è alle persone che si conoscono, in modo indistinto, tutte quelle persone che frequento e che conosco. Affrontato in questo modo il concetto stesso di sfera dei contatti risulta poco utile se non tautologico: con chi devo stringere relazioni? Con le persone con le quali ho relazione. Grazie...
Per capire meglio il concetto di sfera dei contatti mi piace, come sempre, partire dalle basi.
Imprenditori e professionisti fanno network per ottenere dei benefici. Non possono ottenere benefici se a loro volta non offrono benefici alle persone che frequentano. L'oggetto del networking è stabilire relazioni salde, durature e profonde con le persone che si conoscono e nuove persone che ancora non si conoscono. Le relazioni devono essere basate sulla reciprocità: io do a te e tu dai a me. (Non importa cosa: consigli, informazioni, clienti, aiuto, appoggio, referenze, segnalazioni, contatti).
Considerando il fatto che non è possibile sostenere relazioni forti con moltissime persone bisogna allora concentrarsi su quelle giuste. Quali sono? Concentriamoci sulla sfera professionale. Le persone giuste sono di due tipi:
1) Quelle che possono aiutare me in quanto frequentano il mio stesso target di riferimento e che non sono però in diretta concorrenza con me.
2) Quelle che posso aiutare facilmente in quanto frequentiamo noi il loro stesso target di riferimento.
Meglio se di ciascuno di queste categorie ho una sola persona per settore professionale o eventuale specializzazione.
Come faccio ad individuarle? Si parte con un analisi dei registri di clienti e fornitori: da chi ricevo lavoro e a chi do lavoro. Poi si può procedere ad analizzare chi nella vita mi ha aiutato e chi ha potuto beneficiare del mio aiuto.
Si continua poi chiedendosi come mai certe persone mi hanno aiutato, in che condizioni erano, chi conoscevano, che motivazioni avevano, come le ho conosciute. Stessa cosa per le persone che abbiamo aiutato noi stessi: perché? cosa abbiamo fatto per loro? che caratteristiche avevano?
L'elenco delle persone che corrisponde a queste due tipologie (chi aiuta me e chi posso aiutare) corrisponde alla sfera dei contatti. Spesso se si fa un analisi del flusso del denaro si vedrà una certa corrispondenza tra questo flusso e la sfera dei contatti (non a caso gli anglosassoni dicono "follow your money").
Conviene ordinare questi due elenchi in ordine di importanza e profondità della relazione ed iniziare a lavorare per rendere queste relazioni più profonde e stabili.
Se faccio parte di un gruppo di imprenditori che scambiano referenze ed opportunità dovrò come primissima cosa assicurarmi che il più grande numero di queste persone aderiscano al mio gruppo o comunque che lo frequentino.
Questo è il senso della sfera dei contatti. Si comprenderà certamente che non tutte le persone che si conoscono fanno o possono far parte della propria sfera dei contatti.
In futuro vedremo come alimentare la sfera dei contatti e come renderla robusta.
Quando affronto con un gruppo l'argomento della sfera dei contatti noto che spesso il concetto viene frainteso. La prima cosa alla quale si pensa è alle persone che si conoscono, in modo indistinto, tutte quelle persone che frequento e che conosco. Affrontato in questo modo il concetto stesso di sfera dei contatti risulta poco utile se non tautologico: con chi devo stringere relazioni? Con le persone con le quali ho relazione. Grazie...
Per capire meglio il concetto di sfera dei contatti mi piace, come sempre, partire dalle basi.
Imprenditori e professionisti fanno network per ottenere dei benefici. Non possono ottenere benefici se a loro volta non offrono benefici alle persone che frequentano. L'oggetto del networking è stabilire relazioni salde, durature e profonde con le persone che si conoscono e nuove persone che ancora non si conoscono. Le relazioni devono essere basate sulla reciprocità: io do a te e tu dai a me. (Non importa cosa: consigli, informazioni, clienti, aiuto, appoggio, referenze, segnalazioni, contatti).
Considerando il fatto che non è possibile sostenere relazioni forti con moltissime persone bisogna allora concentrarsi su quelle giuste. Quali sono? Concentriamoci sulla sfera professionale. Le persone giuste sono di due tipi:
1) Quelle che possono aiutare me in quanto frequentano il mio stesso target di riferimento e che non sono però in diretta concorrenza con me.
2) Quelle che posso aiutare facilmente in quanto frequentiamo noi il loro stesso target di riferimento.
Meglio se di ciascuno di queste categorie ho una sola persona per settore professionale o eventuale specializzazione.
Come faccio ad individuarle? Si parte con un analisi dei registri di clienti e fornitori: da chi ricevo lavoro e a chi do lavoro. Poi si può procedere ad analizzare chi nella vita mi ha aiutato e chi ha potuto beneficiare del mio aiuto.
Si continua poi chiedendosi come mai certe persone mi hanno aiutato, in che condizioni erano, chi conoscevano, che motivazioni avevano, come le ho conosciute. Stessa cosa per le persone che abbiamo aiutato noi stessi: perché? cosa abbiamo fatto per loro? che caratteristiche avevano?
L'elenco delle persone che corrisponde a queste due tipologie (chi aiuta me e chi posso aiutare) corrisponde alla sfera dei contatti. Spesso se si fa un analisi del flusso del denaro si vedrà una certa corrispondenza tra questo flusso e la sfera dei contatti (non a caso gli anglosassoni dicono "follow your money").
Conviene ordinare questi due elenchi in ordine di importanza e profondità della relazione ed iniziare a lavorare per rendere queste relazioni più profonde e stabili.
Se faccio parte di un gruppo di imprenditori che scambiano referenze ed opportunità dovrò come primissima cosa assicurarmi che il più grande numero di queste persone aderiscano al mio gruppo o comunque che lo frequentino.
Questo è il senso della sfera dei contatti. Si comprenderà certamente che non tutte le persone che si conoscono fanno o possono far parte della propria sfera dei contatti.
In futuro vedremo come alimentare la sfera dei contatti e come renderla robusta.
venerdì 26 dicembre 2014
Hai una Strategia di networking?
Web e librerie sono stipati di testi relativi alle tecniche di networking che, anche grazie ai social networks, è riconosciuto oggi come uno dei più importanti strumenti di lavoro e di creazione di opportunità. Quello però che troppo spesso non si dice è che eventuali tecniche di networking servono a poco se manca una strategia di networking.
Le tecniche di networking danno risposta alla domanda "Come si fa a fare networking?"
Le strategie di networking rispondono invece alla domanda "Perché dovrei fare networking?"
Come sempre, i principi che cerchiamo di divulgare sono generici e applicabili trasversalmente a vari campi d'interesse anche se noi li applicheremo al networking. Molto spesso si è concentrati sul "come" senza più chiederci il perchè!
Gli anglosassoni riconducono queste due questioni a due termini auto esplicativi: skill set e mind set.
Gli skill set sono l'insieme delle competenze tecniche necessarie ad eseguire qualcosa (insieme delle abilità).
Il mind set è invece l'impostazione mentale, culturale ed attitudinale.
Allora, se gli skill set ci aiutano nel capire come "lavorarci una stanza (di imprenditori)", il mind set ci aiuta a capire perché dovremmo "lavorarci una stanza".
A parer nostro la strategia è ancora più importante dell'abilità tecnica perché risponde a domande più profonde connesse all'attività che si svolge e quindi al senso delle cose.
Pensare di poter aver successo nel networking avendo ottime abilità e non possedendo una strategia è un grande errore: sarebbe come pensare di poter giocare bene a scacchi conoscendo solamente le regole!
Quindi cosa suggeriamo di fare? Prima di entrare in una stanza con altri imprenditori e professionisti è opportuno chiarirsi l'obiettivo: cosa voglio? Un contatto, un informazione, conoscere una determinata persona, essere invitato ad un evento... Chiarito l'obiettivo l'azione da svolgere diventa efficace perché non mi perderò in discorsi di circostanza, anzi, porterò avanti un'azione focalizzata, sicura e precisa. Tenendo conto della bassa propensione di tutti noi a recepire lunghi discorsi e richieste vaghe, chiarirsi l'obiettivo aiuta a essere concisi e chiari.
Spesso definire l'obiettivo risulta essere più complesso del previsto perchè non si è abituati a ragionare in termini strategici e ci si presenta agli eventi con obiettivi generici comw "acquisire clienti" che, proprio per la loro genericità non sono affatto obiettivi in quanto non hanno nessuna delle caratteristiche di un obiettivo ben strutturato. Vedremo allora come definire un obiettivo e, prima ancora, l'approccio strategico che può maggiormente aiutare nel networking: definire la propria sfera di contatti.
Le tecniche di networking danno risposta alla domanda "Come si fa a fare networking?"
Le strategie di networking rispondono invece alla domanda "Perché dovrei fare networking?"
Come sempre, i principi che cerchiamo di divulgare sono generici e applicabili trasversalmente a vari campi d'interesse anche se noi li applicheremo al networking. Molto spesso si è concentrati sul "come" senza più chiederci il perchè!
Gli anglosassoni riconducono queste due questioni a due termini auto esplicativi: skill set e mind set.
Gli skill set sono l'insieme delle competenze tecniche necessarie ad eseguire qualcosa (insieme delle abilità).
Il mind set è invece l'impostazione mentale, culturale ed attitudinale.
Allora, se gli skill set ci aiutano nel capire come "lavorarci una stanza (di imprenditori)", il mind set ci aiuta a capire perché dovremmo "lavorarci una stanza".
A parer nostro la strategia è ancora più importante dell'abilità tecnica perché risponde a domande più profonde connesse all'attività che si svolge e quindi al senso delle cose.
Pensare di poter aver successo nel networking avendo ottime abilità e non possedendo una strategia è un grande errore: sarebbe come pensare di poter giocare bene a scacchi conoscendo solamente le regole!
Quindi cosa suggeriamo di fare? Prima di entrare in una stanza con altri imprenditori e professionisti è opportuno chiarirsi l'obiettivo: cosa voglio? Un contatto, un informazione, conoscere una determinata persona, essere invitato ad un evento... Chiarito l'obiettivo l'azione da svolgere diventa efficace perché non mi perderò in discorsi di circostanza, anzi, porterò avanti un'azione focalizzata, sicura e precisa. Tenendo conto della bassa propensione di tutti noi a recepire lunghi discorsi e richieste vaghe, chiarirsi l'obiettivo aiuta a essere concisi e chiari.
Spesso definire l'obiettivo risulta essere più complesso del previsto perchè non si è abituati a ragionare in termini strategici e ci si presenta agli eventi con obiettivi generici comw "acquisire clienti" che, proprio per la loro genericità non sono affatto obiettivi in quanto non hanno nessuna delle caratteristiche di un obiettivo ben strutturato. Vedremo allora come definire un obiettivo e, prima ancora, l'approccio strategico che può maggiormente aiutare nel networking: definire la propria sfera di contatti.
giovedì 25 dicembre 2014
Collaborare Vs. Manipolare
Oggi vorrei condividere con Voi qualche riflessione in merito al concetto di collaborazione.
In un mondo completamente orientato alla competizione risulta sempre più difficile collaborare.
La collaborazione risulta sempre difficile finché non si è acquisito l'atteggiamento mentale corretto.
Vengo da mercati particolarmente competitivi nei quali, spesso, il concetto di collaborazione viene stravolto attribuendogli dei significati che nulla hanno a che vedere con la collaborazione:
1) Rapporti subordinati trasformati in "collaborazioni" per sfuggire ai vincoli fiscali.
2) "Partnerships" che significano più o meno questo: tu lavori ed investi e, siccome sei mio "partner" non ti pago.
3) Forzature contrattuali nelle quali ci si divide gli utili ma non il rischio.
4) Confusione tra sub-fornitura e collaborazione
5) Condivisione di futuribili utili senza condividere Vision e Mission
6) Collaborazioni orientate alla condivisione di debolezze anziché dei punti di forza
Tutte queste forme "collaborative" di collaborazione non hanno proprio nulla!
Queste sono forme manipolative, non collaborative, in cui si cerca di strappare all'altra parte condizioni di favore, di assoggettamento o comunque solamente il proprio tornaconto.
Non entro nelle questioni morali ed etiche che, in questo contesto, non ci interessano.
Resta il fatto che queste manipolazioni sono sempre destinate al fallimento: a volte si fa male una sola delle parti a volte falliscono entrambe.
L'ho visto nelle piccole aziende e nei grandi gruppi (pensate all'accordo FIAT-GM in cui GM ci ha rimesso i calzini e ha dato a FIAT forza e liquidità per poi comprarsi Chrysler).
Collaborare è qualcosa di molto diverso e parte come al solito dalla genuina domanda: "cosa posso fare per te?" Per aiutarti a raggiungere i TUOI obiettivi (non i miei). Se poi quello che posso fare coincide anche solo parzialmente con i MIEI obiettivi allora ci troviamo di fronte materiale per poter stabilire un collaborazione veritiera.
Le vere collaborazioni si riconoscono per i seguenti punti:
1) Reciproca soddisfazione dei partners
2) Crescita di tutte le parti coinvolte
3) Raggiungimento di obiettivi irraggiungibili per le singole parti
4) Valorizzazione dei singoli punti di forza
5) Rispetto reciproco e potenziamento reciproco
6) Condivisione di Vision e di Mission
7) Condivisione di un sistema valoriale
Per ultimo, eventualmente arriva la soddisfazione economica che è conseguenza del rispetto degli altri principi e che non può essere in nessun caso la premessa!
Vale nel lavoro, vale nella coppia e vale nei rapporti interpersonali.
Confondere collaborazione con manipolazione è la fonte della stragrande maggioranza dei litigi e dei fallimenti. E spesso le cause non vengono capite perché a monte non c'è comprensione dei principi collaborativi.
Qualunque gruppo di imprenditori che intende collaborare dovrebbe veramente capire se il rapporto che sta impostando ha le caratteristiche di un rapporto collaborativo e di una manipolazione.
In un mondo completamente orientato alla competizione risulta sempre più difficile collaborare.
La collaborazione risulta sempre difficile finché non si è acquisito l'atteggiamento mentale corretto.
Vengo da mercati particolarmente competitivi nei quali, spesso, il concetto di collaborazione viene stravolto attribuendogli dei significati che nulla hanno a che vedere con la collaborazione:
1) Rapporti subordinati trasformati in "collaborazioni" per sfuggire ai vincoli fiscali.
2) "Partnerships" che significano più o meno questo: tu lavori ed investi e, siccome sei mio "partner" non ti pago.
3) Forzature contrattuali nelle quali ci si divide gli utili ma non il rischio.
4) Confusione tra sub-fornitura e collaborazione
5) Condivisione di futuribili utili senza condividere Vision e Mission
6) Collaborazioni orientate alla condivisione di debolezze anziché dei punti di forza
Tutte queste forme "collaborative" di collaborazione non hanno proprio nulla!
Queste sono forme manipolative, non collaborative, in cui si cerca di strappare all'altra parte condizioni di favore, di assoggettamento o comunque solamente il proprio tornaconto.
Non entro nelle questioni morali ed etiche che, in questo contesto, non ci interessano.
Resta il fatto che queste manipolazioni sono sempre destinate al fallimento: a volte si fa male una sola delle parti a volte falliscono entrambe.
L'ho visto nelle piccole aziende e nei grandi gruppi (pensate all'accordo FIAT-GM in cui GM ci ha rimesso i calzini e ha dato a FIAT forza e liquidità per poi comprarsi Chrysler).
Collaborare è qualcosa di molto diverso e parte come al solito dalla genuina domanda: "cosa posso fare per te?" Per aiutarti a raggiungere i TUOI obiettivi (non i miei). Se poi quello che posso fare coincide anche solo parzialmente con i MIEI obiettivi allora ci troviamo di fronte materiale per poter stabilire un collaborazione veritiera.
Le vere collaborazioni si riconoscono per i seguenti punti:
1) Reciproca soddisfazione dei partners
2) Crescita di tutte le parti coinvolte
3) Raggiungimento di obiettivi irraggiungibili per le singole parti
4) Valorizzazione dei singoli punti di forza
5) Rispetto reciproco e potenziamento reciproco
6) Condivisione di Vision e di Mission
7) Condivisione di un sistema valoriale
Per ultimo, eventualmente arriva la soddisfazione economica che è conseguenza del rispetto degli altri principi e che non può essere in nessun caso la premessa!
Vale nel lavoro, vale nella coppia e vale nei rapporti interpersonali.
Confondere collaborazione con manipolazione è la fonte della stragrande maggioranza dei litigi e dei fallimenti. E spesso le cause non vengono capite perché a monte non c'è comprensione dei principi collaborativi.
Qualunque gruppo di imprenditori che intende collaborare dovrebbe veramente capire se il rapporto che sta impostando ha le caratteristiche di un rapporto collaborativo e di una manipolazione.
sabato 20 dicembre 2014
Ti piace fare networking? A me no!
Ti piace fare networking?
A me no!
Sale piene di persone sconosciute, incontri che spesso non portano a nulla, inutili scambi di bigliettini da visita. Senza considerare le timidezze da vincere e le resistenze che queste situazione spesso creano. E poi gli squali! Gli squali sono quegli individui che non ascoltano una parola di quello che gli dici e che sono lì semplicemente per vendervi qualcosa. Io li riconosco dalla pinna che mi gira intorno.
Chi mi conosce rimarrà stupefatto perché mi vede quotidianamente a fare networking. Ho fatto cioè del networking la mia carriera e la mia specialità. Ho iniziato con il forzarmi a fare networking per alimentare la mia attività imprenditoriale. Ho faticato. Ci sono riuscito, tanto che dopo 7 anni circa mi sono così immedesimato nella parte che ho deciso di fare del networking una carriera.
Ci sono voluti anni per delineare una strategia efficace e questo breve articolo ha la presunzione di risparmiarvi tante fatiche.
Allora, siamo sinceri...a chi piace veramente e naturalmente fare networking? A pochissime persone. Forse agli estroversi sfacciati per natura.
Vi stupirò però dicendovi che a meno che non viviate nel mezzo del deserto (e ancora...) tutti noi facciamo networking per forza. I colleghi di lavoro, gli amici, gli ex compagni di scuola e dell'università, i genitori dei nostri figli, i compagni di hobby. Sono tutti network. Per definizione del termine: una rete di contatti nella quale si lavora (in senso lato, cioè si fa qualcosa, NET- WORK).
Quindi la vera domanda, a pensarci meglio, è chi piace fare network con gli sconosciuti?
La vera difficoltà nasce dal fatto che quando ci troviamo con degli sconosciuti non ci sa muovere con destrezza perché siamo a disagio, nel nuovo, quello che in Programmazione Neuro Linguistica si definisce essere al di fuori della propria zona di confort.
E sapete perché?
Perché l'aspettativa è sbagliata. Pensiamo di essere lì per chiedere qualcosa a qualcuno, per trovare del lavoro o delle opportunità. Ma perché uno sconosciuto dovrebbe offrirci lavoro o opportunità? In effetti non ne ha motivo e a meno che non stia cercando proprio voi non lo farà! Ci stiamo atteggiando da squali in cerca del pesciolino da sbranare.
Gli americani dicono "networking is not about you": l'oggetto del networking non sei tu. E' l'altro.
Lo scopo di fare network dovrebbe essere semplicemente quello di stabilire relazioni e di mettere in relazione le persone che si conoscono. L'oggetto del networking sono gli altri.
Allora tutto diventa più facile perchè si tratta semplicemente di fare domande: come posso aiutarti? chi sei? cosa fai? di cosa hai bisogno? cosa stai cercando? che problemi hai? quali sono i tuoi obiettivi? Ed ascoltare. Ascoltare con attenzione, prendersi appunti e cercare genuinamente di aiutare l'altro.
Questo vi aiuterà a creare una relazione, non un contatto occasionale. Contatti occasionali ne abbiamo centinaia. E non servono a nulla. I contatti occasionali sono quel "rumore di fondo" che proviene dai social network come Facebook o LinkedIn. Per fare network seriamente abbiamo bisogno di stabilire relazioni. E per stabilire relazioni dobbiamo ascoltare gli altri intorno a noi, capire di cosa hanno bisogno e cercare di aiutarli in qualche modo, magari mettendoli in contatto con la persona che può aiutarli, facendo cioè networking!
Quindi al prossimo evento di networking al quale sarete invitati, provate a cambiare strategia. Avvicinatevi a qualcuno, fategli delle domande, cercate di capire chi è e di cosa ha bisogno, magari appuntatevi gli elementi chiave sul biglietto da visita o dove volete voi. Cercate di aiutarlo.
Nelle ore successive poi ricontattatelo, cercate di dargli un consiglio o di verificare se il consiglio che gli avete già dato ha prodotto frutti. Avrete una persona riconoscente in più. Una nuova relazione. Non immaginate quanto rimarrà stupita la persona quando capirà che non siete il solito squalo, che non siete lì per vendergli qualcosa ma che siete una persona di successo che si mette a sua disposizione.
Poi la relazione sarà da coltivare e da curare, ma questa è un altra storia!
P.S.: Se farete così scoprirete che gli altri vi cercheranno naturalmente e che poi, forse, il networking non è poi così tanto male. Magari finirà per piacervi...
A me no!
Sale piene di persone sconosciute, incontri che spesso non portano a nulla, inutili scambi di bigliettini da visita. Senza considerare le timidezze da vincere e le resistenze che queste situazione spesso creano. E poi gli squali! Gli squali sono quegli individui che non ascoltano una parola di quello che gli dici e che sono lì semplicemente per vendervi qualcosa. Io li riconosco dalla pinna che mi gira intorno.
Chi mi conosce rimarrà stupefatto perché mi vede quotidianamente a fare networking. Ho fatto cioè del networking la mia carriera e la mia specialità. Ho iniziato con il forzarmi a fare networking per alimentare la mia attività imprenditoriale. Ho faticato. Ci sono riuscito, tanto che dopo 7 anni circa mi sono così immedesimato nella parte che ho deciso di fare del networking una carriera.
Ci sono voluti anni per delineare una strategia efficace e questo breve articolo ha la presunzione di risparmiarvi tante fatiche.
Allora, siamo sinceri...a chi piace veramente e naturalmente fare networking? A pochissime persone. Forse agli estroversi sfacciati per natura.
Vi stupirò però dicendovi che a meno che non viviate nel mezzo del deserto (e ancora...) tutti noi facciamo networking per forza. I colleghi di lavoro, gli amici, gli ex compagni di scuola e dell'università, i genitori dei nostri figli, i compagni di hobby. Sono tutti network. Per definizione del termine: una rete di contatti nella quale si lavora (in senso lato, cioè si fa qualcosa, NET- WORK).
Quindi la vera domanda, a pensarci meglio, è chi piace fare network con gli sconosciuti?
La vera difficoltà nasce dal fatto che quando ci troviamo con degli sconosciuti non ci sa muovere con destrezza perché siamo a disagio, nel nuovo, quello che in Programmazione Neuro Linguistica si definisce essere al di fuori della propria zona di confort.
E sapete perché?
Perché l'aspettativa è sbagliata. Pensiamo di essere lì per chiedere qualcosa a qualcuno, per trovare del lavoro o delle opportunità. Ma perché uno sconosciuto dovrebbe offrirci lavoro o opportunità? In effetti non ne ha motivo e a meno che non stia cercando proprio voi non lo farà! Ci stiamo atteggiando da squali in cerca del pesciolino da sbranare.
Gli americani dicono "networking is not about you": l'oggetto del networking non sei tu. E' l'altro.
Lo scopo di fare network dovrebbe essere semplicemente quello di stabilire relazioni e di mettere in relazione le persone che si conoscono. L'oggetto del networking sono gli altri.
Allora tutto diventa più facile perchè si tratta semplicemente di fare domande: come posso aiutarti? chi sei? cosa fai? di cosa hai bisogno? cosa stai cercando? che problemi hai? quali sono i tuoi obiettivi? Ed ascoltare. Ascoltare con attenzione, prendersi appunti e cercare genuinamente di aiutare l'altro.
Questo vi aiuterà a creare una relazione, non un contatto occasionale. Contatti occasionali ne abbiamo centinaia. E non servono a nulla. I contatti occasionali sono quel "rumore di fondo" che proviene dai social network come Facebook o LinkedIn. Per fare network seriamente abbiamo bisogno di stabilire relazioni. E per stabilire relazioni dobbiamo ascoltare gli altri intorno a noi, capire di cosa hanno bisogno e cercare di aiutarli in qualche modo, magari mettendoli in contatto con la persona che può aiutarli, facendo cioè networking!
Quindi al prossimo evento di networking al quale sarete invitati, provate a cambiare strategia. Avvicinatevi a qualcuno, fategli delle domande, cercate di capire chi è e di cosa ha bisogno, magari appuntatevi gli elementi chiave sul biglietto da visita o dove volete voi. Cercate di aiutarlo.
Nelle ore successive poi ricontattatelo, cercate di dargli un consiglio o di verificare se il consiglio che gli avete già dato ha prodotto frutti. Avrete una persona riconoscente in più. Una nuova relazione. Non immaginate quanto rimarrà stupita la persona quando capirà che non siete il solito squalo, che non siete lì per vendergli qualcosa ma che siete una persona di successo che si mette a sua disposizione.
Poi la relazione sarà da coltivare e da curare, ma questa è un altra storia!
P.S.: Se farete così scoprirete che gli altri vi cercheranno naturalmente e che poi, forse, il networking non è poi così tanto male. Magari finirà per piacervi...
sabato 15 marzo 2014
Sky - L'antimarketing
Seguite questa strategia di marketing all'avanguardia:
Faccio l'abbonamento a Sky.
Lo disdico dopo un anno circa perché per motivi di famiglia devo lasciare l'alloggio (viene a mancare la mamma).
Mi telefonano che non viene accettata la disdetta perché non ho scritto sulla lettera che mi sarei avvalso della legge Bersani.
Rifaccio la raccomandata.
Mi dicono che mi avrebbero fatto sapere per la restituzione del decoder.
Dopo mi avvertono il decoder non è più restituibile perché venduto in automatico.
Mi addebitano il decoder.
Inizio ad essere tempestato dalla loro agenzia di recupero crediti. Decine di telefonate al giorno.
Mi dicono che mi devo riabbonare per uscire dal problema e poi usufruire del diritto di recesso.
Alla fine cedo e lo faccio. Subito raccomandata per il diritto di recesso.
Ricevo messaggio per la restituzione del decoder. Chiamo il call center.
Da capo! Non accettano il diritto di recesso e devo rifare tutto da capo e ricominciano gli addebiti.
Inizia lo stalking telefonico: oltre 10 telefonate al giorno dalla loro agenzia.
Ho tenuto traccia dello stalking fotografando il telefono.
Passo tutto all'avvocato e si risolve in pochi giorni.
Adesso mi chiedo, cosa ci hanno guadagnato?
Che strategia di marketing è questa?
Negli Stati Uniti l'autorità gli rifarebbe la parrucca...
Faccio l'abbonamento a Sky.
Lo disdico dopo un anno circa perché per motivi di famiglia devo lasciare l'alloggio (viene a mancare la mamma).
Mi telefonano che non viene accettata la disdetta perché non ho scritto sulla lettera che mi sarei avvalso della legge Bersani.
Rifaccio la raccomandata.
Mi dicono che mi avrebbero fatto sapere per la restituzione del decoder.
Dopo mi avvertono il decoder non è più restituibile perché venduto in automatico.
Mi addebitano il decoder.
Inizio ad essere tempestato dalla loro agenzia di recupero crediti. Decine di telefonate al giorno.
Mi dicono che mi devo riabbonare per uscire dal problema e poi usufruire del diritto di recesso.
Alla fine cedo e lo faccio. Subito raccomandata per il diritto di recesso.
Ricevo messaggio per la restituzione del decoder. Chiamo il call center.
Da capo! Non accettano il diritto di recesso e devo rifare tutto da capo e ricominciano gli addebiti.
Inizia lo stalking telefonico: oltre 10 telefonate al giorno dalla loro agenzia.
Ho tenuto traccia dello stalking fotografando il telefono.
Passo tutto all'avvocato e si risolve in pochi giorni.
Adesso mi chiedo, cosa ci hanno guadagnato?
Che strategia di marketing è questa?
Negli Stati Uniti l'autorità gli rifarebbe la parrucca...
domenica 9 marzo 2014
Tangenti o Tradimento?
Tangenti o tradimento?
Questa è la domanda che mi viene dopo anni di economia nazionale declinante.
Prendendo atto del fatto che l'Italia non è un Paese virtuoso come la Germania (e poi da che punto di vista?) mi è venuto da fare un semplice ragionamento.
Le persone della nostra età hanno attraversato 3 fasi fondamentali dell'Italia.
1) L'Italia grigia del terrorismo, nella quale di positivo proprio non c'era nulla
2) L'Italia dell'economia rampante e delle Tangenti
3) L'Italia della grande crisi
Dando per scontato che l'Italia del terrorismo era orribile mi chiedo se Tangentopoli sia o no stato un momento di positivo rinnovamento per il nostro Paese. Eravamo in un economia grassa. Tutti volevano la loro parte, politici compresi. Craxi è stato esiliato ed umiliato. Per Tangenti. L'uomo di stato che ha imposto ad una personalità come Ronald Reagan il concetto di sovranità nazionale. Ricordate Sigonella? Fù quasi scontro tra Aeronautica supportata dai Carabinieri e la Delta Force Americana. Craxi, l'uomo delle Tangenti, si oppose all'intervento armato: per principio e per sovranità. L'Achille Lauro era territorio italiano. Sigonella una base militare USA nel nostro Paese. Gli americani, deridendoci volevano prendere il controllo delle operazioni sul nostro territorio. Craxi fece circondare i SEAL americani dai Carabinieri. Difendeva la nostra sovranità.
Veniamo ad oggi. I nostri tecnici al governo cosa hanno fatto? Rinunciato al diritto si signoreggio. L'Italia non può più stampare moneta. La deve comprare e pagare a valore nominale più l'interesse.
Cioè oggi una banconota da 100 Euro da immettere nella nostra economia ci costa 100 Euro più l'interesse. Prima ci costava il costo della carta. Risultato: un debito crescente che non potrà che portare al disastro. E' impagabile. E sapete cosa? Per pagarlo l'Europa ci presta soldi da restituire con altri interessi al costo della carta che serve per stamparli. Risultato: l'Italia viene comprata stampando carta. Verrà completamente svuotata. E non c'è nulla che i nostri imprenditori possano fare. Questo, svendere il Paese agli interessi Esteri, è tradimento! Questo è quello che hanno fatto i Prodi, gli Andreatta, i Ciampi e che rinforzano i Monti ed i suoi successori.
Allora mi chiedo? Quale atto è più delinquenziale? Le Tangenti degli anni in cui il Nord Italia era la prima economia d'Europa o l'Euro che porterà i nostri figli e nipoti alla povertà?
A Voi il giudizio!
Questa è la domanda che mi viene dopo anni di economia nazionale declinante.
Prendendo atto del fatto che l'Italia non è un Paese virtuoso come la Germania (e poi da che punto di vista?) mi è venuto da fare un semplice ragionamento.
Le persone della nostra età hanno attraversato 3 fasi fondamentali dell'Italia.
1) L'Italia grigia del terrorismo, nella quale di positivo proprio non c'era nulla
2) L'Italia dell'economia rampante e delle Tangenti
3) L'Italia della grande crisi
Dando per scontato che l'Italia del terrorismo era orribile mi chiedo se Tangentopoli sia o no stato un momento di positivo rinnovamento per il nostro Paese. Eravamo in un economia grassa. Tutti volevano la loro parte, politici compresi. Craxi è stato esiliato ed umiliato. Per Tangenti. L'uomo di stato che ha imposto ad una personalità come Ronald Reagan il concetto di sovranità nazionale. Ricordate Sigonella? Fù quasi scontro tra Aeronautica supportata dai Carabinieri e la Delta Force Americana. Craxi, l'uomo delle Tangenti, si oppose all'intervento armato: per principio e per sovranità. L'Achille Lauro era territorio italiano. Sigonella una base militare USA nel nostro Paese. Gli americani, deridendoci volevano prendere il controllo delle operazioni sul nostro territorio. Craxi fece circondare i SEAL americani dai Carabinieri. Difendeva la nostra sovranità.
Veniamo ad oggi. I nostri tecnici al governo cosa hanno fatto? Rinunciato al diritto si signoreggio. L'Italia non può più stampare moneta. La deve comprare e pagare a valore nominale più l'interesse.
Cioè oggi una banconota da 100 Euro da immettere nella nostra economia ci costa 100 Euro più l'interesse. Prima ci costava il costo della carta. Risultato: un debito crescente che non potrà che portare al disastro. E' impagabile. E sapete cosa? Per pagarlo l'Europa ci presta soldi da restituire con altri interessi al costo della carta che serve per stamparli. Risultato: l'Italia viene comprata stampando carta. Verrà completamente svuotata. E non c'è nulla che i nostri imprenditori possano fare. Questo, svendere il Paese agli interessi Esteri, è tradimento! Questo è quello che hanno fatto i Prodi, gli Andreatta, i Ciampi e che rinforzano i Monti ed i suoi successori.
Allora mi chiedo? Quale atto è più delinquenziale? Le Tangenti degli anni in cui il Nord Italia era la prima economia d'Europa o l'Euro che porterà i nostri figli e nipoti alla povertà?
A Voi il giudizio!
venerdì 21 febbraio 2014
Il Leone Christian - Una storia di amore e di amicizia
Una delle più belle storie che abbia mai visto!
domenica 9 febbraio 2014
Perché spesso non si vende?
Perché molto spesso si finisce per non riuscire a vendere quello che si desidera malgrado prodotto o servizio siano di ottima qualità?
Il lavoro per BNI. BNI è la scuola del passaparola. Ma quello che sto per spiegarvi funziona in genere nella vita non solamente in BNI.
La filosofia del passaparola è riassunta nel suo motto: Givers Gain (marchio registrato BNI)
BNI è un organizzazioni in cui imprenditori e professionisti che mettono a disposizione degli altri colleghi la propria sfera di contatti e forniscono referenze, ricevono a loro volta contatti e nuove opportunità per incrementare il proprio giro d'affari.
Questo è il mio lavoro.
Perché funziona?
Perché il principio di reciprocità è profondamente radicato nella nostra cultura. E chi non lo rispetta riceve forti rimproveri sociali.
Qualche giorno fa ho avuto l'occasione di passare qualche ora con Robert Cialdini per un seminario sulla persuasione.
In sintesi la reciprocità è quando diamo qualcosa a qualcuno, e quello si sente in dovere di restituirci il favore. Questo atto è molto radicato nella nostra cultura, al punto che ci sentiamo quasi in obbligo di ricambiare in qualche modo ciò che riceviamo. Attribuiamo alle persone che non lo fanno titoli spregevoli: sfruttatore, opportunista, ingrato ecc.
Questo è il motivo per cui nel networking bisogna cominciare con il dare! Se non diamo non generiamo quel bisogno da parte delle persone di restituirci il favore. Questo è il motivo per cui la maggior parte dei venditori mediocri ed "esperti" di marketing falliscono. Non si chiedono perché l'altro dovrebbe dare qualcosa a noi.
Questo è anche il motivo per cui organizzazioni di networking come BNI funzionano così bene. Perché fanno proprio il principio di reciprocità estendendolo al gruppo che si frequenta settimanalmente. Tu porti al gruppo, il gruppo si sente in debito di restituirti impegno e disponibilità.
Se degli mici vi invitano a cena più volte non vi sentite in dovere di ricambiare? Il business funziona nello stesso modo. Non curate le vendite. Curate le relazioni umane!
Quindi, quando incontrate una persona o quando vi sedete al tavolo di un potenziale cliente cominciate con una domanda chiave: "Cosa posso fare per te?", "Di cosa hai bisogno?", "Come posso aiutarti a risolvere un tuo problema?" E poi fatelo. Non cominciate invece con la solita sbrodolata di presentazione aziendale ed elenco prodotti. Non siete ancora in rapport. Non c'è un motivo al mondo per il quale il vostro interlocutore debba ascoltarvi. Cominciate a DARE.
Vedrete, otterrete risultati eccezionali!
Il lavoro per BNI. BNI è la scuola del passaparola. Ma quello che sto per spiegarvi funziona in genere nella vita non solamente in BNI.
La filosofia del passaparola è riassunta nel suo motto: Givers Gain (marchio registrato BNI)
BNI è un organizzazioni in cui imprenditori e professionisti che mettono a disposizione degli altri colleghi la propria sfera di contatti e forniscono referenze, ricevono a loro volta contatti e nuove opportunità per incrementare il proprio giro d'affari.
Questo è il mio lavoro.
Perché funziona?
Perché il principio di reciprocità è profondamente radicato nella nostra cultura. E chi non lo rispetta riceve forti rimproveri sociali.
Qualche giorno fa ho avuto l'occasione di passare qualche ora con Robert Cialdini per un seminario sulla persuasione.
In sintesi la reciprocità è quando diamo qualcosa a qualcuno, e quello si sente in dovere di restituirci il favore. Questo atto è molto radicato nella nostra cultura, al punto che ci sentiamo quasi in obbligo di ricambiare in qualche modo ciò che riceviamo. Attribuiamo alle persone che non lo fanno titoli spregevoli: sfruttatore, opportunista, ingrato ecc.
Questo è il motivo per cui nel networking bisogna cominciare con il dare! Se non diamo non generiamo quel bisogno da parte delle persone di restituirci il favore. Questo è il motivo per cui la maggior parte dei venditori mediocri ed "esperti" di marketing falliscono. Non si chiedono perché l'altro dovrebbe dare qualcosa a noi.
Questo è anche il motivo per cui organizzazioni di networking come BNI funzionano così bene. Perché fanno proprio il principio di reciprocità estendendolo al gruppo che si frequenta settimanalmente. Tu porti al gruppo, il gruppo si sente in debito di restituirti impegno e disponibilità.
Se degli mici vi invitano a cena più volte non vi sentite in dovere di ricambiare? Il business funziona nello stesso modo. Non curate le vendite. Curate le relazioni umane!
Quindi, quando incontrate una persona o quando vi sedete al tavolo di un potenziale cliente cominciate con una domanda chiave: "Cosa posso fare per te?", "Di cosa hai bisogno?", "Come posso aiutarti a risolvere un tuo problema?" E poi fatelo. Non cominciate invece con la solita sbrodolata di presentazione aziendale ed elenco prodotti. Non siete ancora in rapport. Non c'è un motivo al mondo per il quale il vostro interlocutore debba ascoltarvi. Cominciate a DARE.
Vedrete, otterrete risultati eccezionali!
Mercato SEO ancora valido? Lo chiede l'utente "indosta" su WebMarketingForum
Questa la domanda di su WebMarketingForum:
-----
Questo è certamente una parte della verità. I portali verticali hanno un efficacia enorme nel promuovere prodotti e servizi. Alberghi, Ristoranti, Viaggi sono fortemente spinti dai siti specializzati (vedi ad esempio "Booking"). Ed il rating (o il feedback) del cliente, cioè la valutazione risulta spesso estremamente importante e viene sovente usata strumentalmente da clienti scorretti e concorrenti sleali per danneggiare altre attività: capita spessissimo su Trip Advisor i cui rating spesso non coincidono per nulla con la qualità effettiva del servizio offerto.
C'era da aspettarselo: con miliardi di Euro tritati ogni anno dall'e-commerce i grandi player non avrebbero certamente lasciato in mano il potere commerciale alle piccole agenzie di SEO/Web marketing.
Quale sarà quindi il futuro di breve termine?
Il SEO puro, cioè il posizionamento organico sui motori di ricerca resterà importante per le aziende che hanno volumi di transazioni sufficienti a giustificare l'investimento dell'agenzia. Per gli altri converrà certamente rivolgersi a portali verticali e pagare quello che c'è da pagare: farà parte dei normali costi commerciali che ogni attività deve sostenere per promuovere brand, servizi e prodotti.
Bene anche per il SEO localizzato e specifico: prodotti altamente specifici in zone geografiche precise - questi saranno premiati dai motori di ricerca-.
E poi? Tanto, tanto, tanto social marketing (Facebook e LinkedIn in primis) per veicolare traffico.
Per le attività locali queste attività dovranno necessariamente essere considerate a supporto di una strategia organizzata di incontri fisici face to face per alimentare il passaparola e la fiducia.
In sostanza non aspettiamoci di piazzare un sito Web, indicizzarlo decorosamente e di avere una coda di clienti pronti a comprare: non succederà. Il Web Marketing andrà per forza associato ad un efficace azione sul territorio di promozione e creazioni di contatti di business. E poi ricordiamocelo sempre: la stragrande maggioranza di agenzie tecniche, forse riusciranno anche ad ottenere un posizionamento discreto ma di che cosa? Se i contenuti non sono studiati dal punto di vista del marketing il posizionamento comunque non serve a nulla!
Ciao a tutti.
Vi faccio una domanda di carattere generale. Non pensate che i portali verticali di settori come automobili, turismo, case, etc... stiano inficiando il nostro lavoro di SEO e Web marketing per quanto riguarda la presenza nel motore di ricerca per antonomasia (Google)? Mi spiego meglio.
Le aziende, grandi o piccole che siano, ormai per comparire ai primi posti del motore di ricerca monopolista, pagano grandi somme allo stesso, indipendentente dal lavoro di ottimizzazione, indicizzazione e SEO che possiamo fare noi del settore. Quindi non parlo dei risultati di destra ma di quelli di sinistra in teoria non commercializzabili. Tutto questo non ammazza il nostro mercato o comunque lo ridimensiona fortemente?
Esempio: un B&B non chiede a me di indicizzare e ottimizzare il loro sito perchè si rivolge direttamente al portale verticale, il quale per essere trovato paga fior fiore di quattrini Google.
-----
Questo è certamente una parte della verità. I portali verticali hanno un efficacia enorme nel promuovere prodotti e servizi. Alberghi, Ristoranti, Viaggi sono fortemente spinti dai siti specializzati (vedi ad esempio "Booking"). Ed il rating (o il feedback) del cliente, cioè la valutazione risulta spesso estremamente importante e viene sovente usata strumentalmente da clienti scorretti e concorrenti sleali per danneggiare altre attività: capita spessissimo su Trip Advisor i cui rating spesso non coincidono per nulla con la qualità effettiva del servizio offerto.
C'era da aspettarselo: con miliardi di Euro tritati ogni anno dall'e-commerce i grandi player non avrebbero certamente lasciato in mano il potere commerciale alle piccole agenzie di SEO/Web marketing.
Quale sarà quindi il futuro di breve termine?
Il SEO puro, cioè il posizionamento organico sui motori di ricerca resterà importante per le aziende che hanno volumi di transazioni sufficienti a giustificare l'investimento dell'agenzia. Per gli altri converrà certamente rivolgersi a portali verticali e pagare quello che c'è da pagare: farà parte dei normali costi commerciali che ogni attività deve sostenere per promuovere brand, servizi e prodotti.
Bene anche per il SEO localizzato e specifico: prodotti altamente specifici in zone geografiche precise - questi saranno premiati dai motori di ricerca-.
E poi? Tanto, tanto, tanto social marketing (Facebook e LinkedIn in primis) per veicolare traffico.
Per le attività locali queste attività dovranno necessariamente essere considerate a supporto di una strategia organizzata di incontri fisici face to face per alimentare il passaparola e la fiducia.
In sostanza non aspettiamoci di piazzare un sito Web, indicizzarlo decorosamente e di avere una coda di clienti pronti a comprare: non succederà. Il Web Marketing andrà per forza associato ad un efficace azione sul territorio di promozione e creazioni di contatti di business. E poi ricordiamocelo sempre: la stragrande maggioranza di agenzie tecniche, forse riusciranno anche ad ottenere un posizionamento discreto ma di che cosa? Se i contenuti non sono studiati dal punto di vista del marketing il posizionamento comunque non serve a nulla!
venerdì 7 febbraio 2014
I segreti dei business mixers!
Come comportarsi ai business mixers?
Le regole di base per partecipare proficuamente ai business mixers ed agli eventi di networking in genere.
Organizzare l'azienda con un’efficace rete di agenti è utile per incrementare il fatturato.
Il passaparola è un altro metodo. Forse ancora più efficace.
Fare networking è un mezzo per sviluppare la propria attività, per fornire ai nostri agenti dei contatti di livello superiore e per far conoscere il nome della nostra azienda (fare "branding").
Bisogna però fare attenzione a non cadere in un grosso errore: partecipare a molti eventi senza però poi avere il tempo di coltivare e curare le relazioni che nascono in seno a questi incontri.
Un biglietto da visita non è sufficiente per creare una relazione proficua, è necessario:
Per quale motivo cerchiamo questi contatti?
Per sviluppare delle relazioni che portino ad un proficuo, duraturo e reciproco scambio di referenze.
Fare networking non vuol dire cercare di vendere a tutte le persone che incontriamo, ma porre le basi per affari futuri.
Partecipare ad un incontro con un centinaio di persone ci mette in concorrenza con molti altri imprenditori, diventa quindi fondamentale trovare il modo di differenziarsi. Un buon metodo è fare le domande giuste, ma, soprattutto:
Vi diamo tre consigli:
1) Limitate il numero di contatti: parlare con cinque, dieci persone, porre le basi per una buona conoscenza e coltivare questa conoscenza, vuol dire che se partecipate a 10 eventi al mese potreste avere da 50 a 100 contatti in soli trenta giorni.
2) Parlate con ciascuno di loro almeno 5 minuti, chiedete un biglietto da visita, segnatevi dietro alcuni particolari che vi faranno tornare in mente la persona e chiedete se potrete chiamarlo per fissare un incontro in un momento diverso, in cui approfondire la reciproca conoscenza.
3) Dopo l’incontro fare un corretto follow up: contattate le persone nel giro di pochi giorni e fissate un appuntamento.
Conducendo i vostri incontri in questo modo, avrete la possibilità di poter gestire dei contatti migliori rispetto ad avere distribuito il vostro biglietto da visita a tutti i cento partecipanti all’evento.
Le regole di base per partecipare proficuamente ai business mixers ed agli eventi di networking in genere.
Organizzare l'azienda con un’efficace rete di agenti è utile per incrementare il fatturato.
Il passaparola è un altro metodo. Forse ancora più efficace.
Fare networking è un mezzo per sviluppare la propria attività, per fornire ai nostri agenti dei contatti di livello superiore e per far conoscere il nome della nostra azienda (fare "branding").
Bisogna però fare attenzione a non cadere in un grosso errore: partecipare a molti eventi senza però poi avere il tempo di coltivare e curare le relazioni che nascono in seno a questi incontri.
Un biglietto da visita non è sufficiente per creare una relazione proficua, è necessario:
- incontrare la persona più volte,
- approfondire la conoscenza,
- cercare punti in comune che possono generare affari per entrambi.
Per quale motivo cerchiamo questi contatti?
Per sviluppare delle relazioni che portino ad un proficuo, duraturo e reciproco scambio di referenze.
Fare networking non vuol dire cercare di vendere a tutte le persone che incontriamo, ma porre le basi per affari futuri.
Partecipare ad un incontro con un centinaio di persone ci mette in concorrenza con molti altri imprenditori, diventa quindi fondamentale trovare il modo di differenziarsi. Un buon metodo è fare le domande giuste, ma, soprattutto:
- ascoltare le risposte
- comprendere la persona che abbiamo davanti,
- le sue esigenze,
- il modo in cui possiamo essergli utili (noi a lui!)
Vi diamo tre consigli:
1) Limitate il numero di contatti: parlare con cinque, dieci persone, porre le basi per una buona conoscenza e coltivare questa conoscenza, vuol dire che se partecipate a 10 eventi al mese potreste avere da 50 a 100 contatti in soli trenta giorni.
2) Parlate con ciascuno di loro almeno 5 minuti, chiedete un biglietto da visita, segnatevi dietro alcuni particolari che vi faranno tornare in mente la persona e chiedete se potrete chiamarlo per fissare un incontro in un momento diverso, in cui approfondire la reciproca conoscenza.
3) Dopo l’incontro fare un corretto follow up: contattate le persone nel giro di pochi giorni e fissate un appuntamento.
Conducendo i vostri incontri in questo modo, avrete la possibilità di poter gestire dei contatti migliori rispetto ad avere distribuito il vostro biglietto da visita a tutti i cento partecipanti all’evento.
Le cause della Gastrite
LA GASTRITE
Questa settimana ho avuto il piacere di conoscere di persona Donatella Pecora, diplomata all'Accademia di Floriterapia Psicodinamica di Roma. Donatella è una persona straordinaria ed estremamente competente. Ho letto con piacere un suo articolo sulle cause comuni della gastrite che affligge così tanti di noi. Ho concordato con lei che l'avrei riportato integralmente su questo blog.
Buona lettura!
Infiammazione della mucosa dello stomaco, spesso legata a fattori nervosi, può
essere primaria o secondaria, acuta o cronica. Si manifesta con inappetenza, peso allo
stomaco o nausea, vertigini.
La secrezione gastrica può essere ridotta o aumentata.
Nel linguaggio psicosomatico simboleggia fame emotiva che non si può mostrare.
Lo stomaco reagisce in seguito a emozioni vissute e ciò è molto diffuso. Generalmente
insorge in seguito a forti vissuti di rabbia e invidia; può anche arrivare a crampi. Conflitti
sul lavoro o in famiglia sono fra le cause più frequenti.
I soggetti gastrici si sentono spesso rifiutati dagli altri e hanno forti bisogni di dipendenza e di sicurezza. Se qualcuno possiede qualcosa che il soggetto non ha, gli rode, lo logora e produce acidi
gastrici. Sono spesso persone molto ambiziose che diventano iperattive; cercano di
compensare i bisogni interiori con l’iper-indipendenza e la perseveranza verso i propri
obiettivi. Sono profondamente frustrati dai loro insuccessi e facilmente vulnerabili nei
loro affetti. Implodono le loro sensazioni e le elaborano solo parzialmente. Gli uomini
colpiti dalla gastrite sono tre volte più delle donne. Nei malati gastrici vi è sempre un
conflitto risalente alla fase neonatale. Reggono male la critica.
Gli stati d’animo a cui si fa riferimento per la gastrite sono rappresentati dall’essenza
A, in associazione all’implosione di quelle emozioni e realtà che si ritengono
scomode e difficili da “digerire”. Anche H e W sono fiori importanti
perché rappresentano la rabbia, l’invidia e il rancore per ciò che il soggetto non ha o
non è ancora. Il senso di avidità e di possesso, nelle persone gastriche, è molto forte
ed è identificabile nell’essenza S, in relazione al conflitto che nasce davanti
a una scelta fra due o più opzioni in quanto entrambe gli sembrano appropriate. L’avidità
viene spesso soddisfatta raggirando la scelta e optando per avere “tutto”. In ultimo,
l’essenza C P è molto utile per il principio transpersonale in quanto
aiuta il controllo dell’emissione involontaria, scarsa o eccessiva, dei succhi gastrici.
Donatella Pecora
Alternativamente "funzioniamo" così

Buona lettura!
Infiammazione della mucosa dello stomaco, spesso legata a fattori nervosi, può
essere primaria o secondaria, acuta o cronica. Si manifesta con inappetenza, peso allo
stomaco o nausea, vertigini.
La secrezione gastrica può essere ridotta o aumentata.
Nel linguaggio psicosomatico simboleggia fame emotiva che non si può mostrare.
Lo stomaco reagisce in seguito a emozioni vissute e ciò è molto diffuso. Generalmente
insorge in seguito a forti vissuti di rabbia e invidia; può anche arrivare a crampi. Conflitti
sul lavoro o in famiglia sono fra le cause più frequenti.
I soggetti gastrici si sentono spesso rifiutati dagli altri e hanno forti bisogni di dipendenza e di sicurezza. Se qualcuno possiede qualcosa che il soggetto non ha, gli rode, lo logora e produce acidi
gastrici. Sono spesso persone molto ambiziose che diventano iperattive; cercano di
compensare i bisogni interiori con l’iper-indipendenza e la perseveranza verso i propri
obiettivi. Sono profondamente frustrati dai loro insuccessi e facilmente vulnerabili nei
loro affetti. Implodono le loro sensazioni e le elaborano solo parzialmente. Gli uomini
colpiti dalla gastrite sono tre volte più delle donne. Nei malati gastrici vi è sempre un
conflitto risalente alla fase neonatale. Reggono male la critica.
Gli stati d’animo a cui si fa riferimento per la gastrite sono rappresentati dall’essenza
A, in associazione all’implosione di quelle emozioni e realtà che si ritengono
scomode e difficili da “digerire”. Anche H e W sono fiori importanti
perché rappresentano la rabbia, l’invidia e il rancore per ciò che il soggetto non ha o
non è ancora. Il senso di avidità e di possesso, nelle persone gastriche, è molto forte
ed è identificabile nell’essenza S, in relazione al conflitto che nasce davanti
a una scelta fra due o più opzioni in quanto entrambe gli sembrano appropriate. L’avidità
viene spesso soddisfatta raggirando la scelta e optando per avere “tutto”. In ultimo,
l’essenza C P è molto utile per il principio transpersonale in quanto
aiuta il controllo dell’emissione involontaria, scarsa o eccessiva, dei succhi gastrici.
Donatella Pecora
Alternativamente "funzioniamo" così
lunedì 3 febbraio 2014
Glossario di Web Marketing
Glossario dei termini più usati nel settore della pubblicità sul Web
Un glossario per il Web Marketing per capire le parole e gli acronimi più utilizzati. CTR, PPC,PPM,DEM,tasso di conversione sono tutti termini da conoscere a da capire per comprendere il mondo del Web Marketing.
CTR - Click Through Rate
E' il numero di volte che un annuncio viene cliccato su 100 volte che viene visualizzato. Il CTR è una sorta di misura del potere attrattivo dell'annuncio. Un alto CTR significa che l'annuncio è interessante per il navigatore.
CTR sotto l'uno percento sono considerati scadenti. Dall'uno al due percento nella norma. Oltre il due percento sono buoni. Oltre il cinque percento si ha un CTR ottimo.
CPA - Costo per Acquisizione
Costo sostenuto per acquisire un nuovo cliente. Dato riepilogativo estremamente importante. Se la campagna pubblicitaria costa 1000 Euro e acquisisco 5 nuovi clienti si avrà un costo per acquisizione di 200 Euro/cliente
Landing page
E' la pagina di destinazione dell'annuncio. quando si clicca su un annuncio si apre una pagina del sito web di destinazione. Questa pagina è la landing page. La landing page è fondamentale perchè il grosso dei visitatori non va oltre e decide in base al contenuto della landing page.
MWA -Most Wanted Action
L'azione più desiderata. La most wanted action è l'azione che si vorrebbe che il navigatore che visita una pagina facesse. La most wanted action potrebbe essere lasciare il nominativo, contattarvi, fare un acquisto, iscriversi ad una newsletter.
Posizionamento organico
E' la posizione che si ha sul motore di ricerca per i contenuti ottenuta tramite le normali tecniche di indicizzazione senza usare campagne a pagamento. Il posizionamento organico è quello naturale, legato al contenuto e alla notorietà.
PPC - Pay per click
E' una campagna pubblicitaria nella quale si pagano solamente i clicks ricevuti sui propri annunci. Diversamente dalla pubblicità classica nella quale si paga per la radiodiffusione, telediffusione, cartelloni publbicitari a prescindere da quanti effettivamente leggono o ascoltano l'annuncio, nelle campagne PPC si paga solamente quando il visitatore clicca sul vostro annuncio e arriva sul vostro sito web.ROI - Return on investment
E' il ritorno sul capitale investito. Si calcola dividendo il risultato operativo per il capitale investito. Nel Web marketing il ROI è spesso considerato il fatturato generato fratto il costo della campagna pubblicitaria. Un ROI del 10% significa che ho fatturato 1,1 per ogni euro investiti nella campagna. Questa, perquanto ampiamente usata, è tuttavia una definizione impropria del ROI che è un indice di bilancio più sofisticato.
SEO - Search Engine Optimization
Insieme di tecniche che permettono a parità di contenuto di ottenere il miglior posizionamento possibile nella parte organica (cioè quella non a pagamento). Un buon SEO non può tuttavia portare ad un buon posizionamento se i contenuti sono scadenti. Il SEO agendo sull'organico permette comunque di aumentare il punteggio di qualità nelle campagna a pagamento e percio di massimizzare il ROI.
Tasso di conversione
E' il numero di volte che un navigatore compie la MWA (Most Wanted Action) su 100 visite di pagine. Se ad esempio su una pagina vogliamo che il navigatore si iscriva ad una newsletter allora se otteniamo 5 iscrizioni ogni 100 visite avremo un tasso di conversione del 5%.
USP - Unique Selling Point
Il punto distintivo per la vendita: siete i più economici, i più veloci, il vostro prodotto è il più bello, il più robusto. E' la caratteristica che vi distingue dalla concorrenza. Opportuno indicarlo sugli annunci.
martedì 28 gennaio 2014
Crisi e attitudine degli imprenditori
Non voglio entrare nel merito dei meccanismi delle difficoltà economiche che stiamo attraversando. Non ne ho la competenza. Il mio ruolo professionalmente è quello di aiutare imprenditori e professionisti ad aumentare il loro fatturato formandoli al marketing referenziale. Ho l'occasione di fare questo per conto della più grossa organizzazione al mondo specializzata in questo settore.
Per ricostruire il tessuto imprenditoriale servono 3 elementi:
1) La volontà politica
2) Il capitale
3) Un imprenditoria degna di tale nome
La politica italiano è allo sbando e rispecchia la cultura dell'italiano medio (purtroppo). Non entro nel merito. E' un problema "software", cioè culturale. L'Italia raramente ha avuto politici lungimiranti se non nel Risorgimento e nell'immediato dopoguerra. Oggi invece una classe politica inadeguata non fa che prendere decisioni errate (le definisco errate credendo alla buona fede, perché altrimenti sarebbero criminali): pensate all'aeroporto di Orio al Serio che dopo essere cresciuto e diventato il 5° aeroporto italiano portando valore a tutta la zona viene improvvisamente declassato ancora una volta per spingere quella Malpensa che da quando sono piccolo vogliono spingere e che non partirà mai!
I capitali sono scarsi anche se recenti notizie parlano di un rinnovato interesse da parte dei grandi investitori a compiere investimenti in Italia. Perché? Semplice: la crisi ha deflazionato gli asset che adesso sono sotto del 10/15%. Considerando questo aspetto e la possibilità di trovare competenze di ottimo livello (che non sono così facilmente reperibili nei mercati meno maturi) tutto sommato ritorna ad essere interessante speculare (più che investire) in Italia.
L'imprenditoria invece è fortemente responsabile del declino. Aziende famigliari gestite a "naso", sottocapitalizzate, senza strategie organiche. Piccoli imprenditori che non sanno leggere un bilancio, che non hanno la più pallida idea di quale sia la loro Vision o la loro Mission, ancora meno il loro target market. Non sanno se stanno guadagnando o perdendo, confondono il fatturato con l'utile. Negli anni di vacche grasse il modello di business era semplice: aspettavano che il telefono squillasse e andavano ad eseguire le richieste. Oggi che il telefono non squilla più c'è solamente il disastro perché non hanno mai fatto imprenditoria ma semplicemente servilismo ai maggiori gruppi industriali che la politica ha ammazzato.
Che fare allora?
Riorganizzare immediatamente una culture di business chiara e specifica, un piano di marketing attuabile ed acquisire conoscenze fondamentali sul funzionamento di un impresa. Non è possibile fare impresa per pagarsi lo stipendio! Bisogna fare impresa per remunerare il capitale investito. Altrimenti non si crea valore. Molti di noi sono "Self Employed" non "Entrepreneurs". Differenza abissale che in Italia ancora non viene compresa.
Participare ad organizzazioni di business di qualità è il più importante investimento che un imprenditori possa fare.
Per ricostruire il tessuto imprenditoriale servono 3 elementi:
1) La volontà politica
2) Il capitale
3) Un imprenditoria degna di tale nome
La politica italiano è allo sbando e rispecchia la cultura dell'italiano medio (purtroppo). Non entro nel merito. E' un problema "software", cioè culturale. L'Italia raramente ha avuto politici lungimiranti se non nel Risorgimento e nell'immediato dopoguerra. Oggi invece una classe politica inadeguata non fa che prendere decisioni errate (le definisco errate credendo alla buona fede, perché altrimenti sarebbero criminali): pensate all'aeroporto di Orio al Serio che dopo essere cresciuto e diventato il 5° aeroporto italiano portando valore a tutta la zona viene improvvisamente declassato ancora una volta per spingere quella Malpensa che da quando sono piccolo vogliono spingere e che non partirà mai!
I capitali sono scarsi anche se recenti notizie parlano di un rinnovato interesse da parte dei grandi investitori a compiere investimenti in Italia. Perché? Semplice: la crisi ha deflazionato gli asset che adesso sono sotto del 10/15%. Considerando questo aspetto e la possibilità di trovare competenze di ottimo livello (che non sono così facilmente reperibili nei mercati meno maturi) tutto sommato ritorna ad essere interessante speculare (più che investire) in Italia.
L'imprenditoria invece è fortemente responsabile del declino. Aziende famigliari gestite a "naso", sottocapitalizzate, senza strategie organiche. Piccoli imprenditori che non sanno leggere un bilancio, che non hanno la più pallida idea di quale sia la loro Vision o la loro Mission, ancora meno il loro target market. Non sanno se stanno guadagnando o perdendo, confondono il fatturato con l'utile. Negli anni di vacche grasse il modello di business era semplice: aspettavano che il telefono squillasse e andavano ad eseguire le richieste. Oggi che il telefono non squilla più c'è solamente il disastro perché non hanno mai fatto imprenditoria ma semplicemente servilismo ai maggiori gruppi industriali che la politica ha ammazzato.
Che fare allora?
Riorganizzare immediatamente una culture di business chiara e specifica, un piano di marketing attuabile ed acquisire conoscenze fondamentali sul funzionamento di un impresa. Non è possibile fare impresa per pagarsi lo stipendio! Bisogna fare impresa per remunerare il capitale investito. Altrimenti non si crea valore. Molti di noi sono "Self Employed" non "Entrepreneurs". Differenza abissale che in Italia ancora non viene compresa.
Participare ad organizzazioni di business di qualità è il più importante investimento che un imprenditori possa fare.
Iscriviti a:
Post (Atom)